mercoledì 26 maggio 2010

Dubbi sull'editoria web

Da un po' di tempo mi sto scontrando con un concetto di difficile comprensione e pericoloso per chi produce contenuti media o chi, comunque, vuole lavorare nel mondo on-line. Sia chiaro, non si tratta di nulla di particolarmente innovativo o degno di un “guru” di internet, ma di una semplice riflessione fatta da chi, ogni giorno, deve scontrarsi con numero di accessi, organizzazione di news, Seo e quant'altro.



Tutto parte dal marketing. Cioè, non proprio tutto, ma la mia problematica, sì. Fino ad oggi, infatti, il contenuto ha “sempre” trovato il proprio interlocutore: attraverso le campagne pubblicitarie televisive, che obbligavano a interrompere la visione di un programma, così come quelle per radio, che inframezzano canzoni e dibattiti, più nello specifico, i giornali, dove la pubblicità non interrompe niente, ma si è sicuri di essere visti da X utenti, oppure con il direct mailing (non quello elettronico, quello di carta, fatto di leaflet e volantini che intasano le nostre caselle postali in “ferro”). Tutte informazioni che delegavano l'utente o il consumatore o almeno, parlo per me, la persona a dover scegliere se leggere o no un'offerta, così come se restare sullo stesso canale o decidere di fare un po' di zapping.


Secondo Chis Andersen tutto questo ha a che fare con il principio della scarsità: tutti i media, prima di internet, erano “scarsi”, nel senso di limitati: un giornale è composto di pagine, le trasmissioni sono strutturate in unità di tempo eccetera, appartengono cioè al mondo degli “atomi”; che essendo composto di atomi è, appunto, limitato. Nel mondo di internet invece (il mondo dei “bit”) vige l'abbondanza: si può mettere tutto on-line, i costi di produzione possono essere anche nulli e tutti hanno tutto a disposizione. Il punto è che noi uomini siamo sempre fatti di atomi e quindi siamo limitati. In primo luogo nelle nostre scelte, poi c'è un fattore pigrizia che ci fa tendere ad essere ripetitivi ecetera eccetera.


Direte, “che c'azzecca”? Il fatto è che da sempre mi arrovello su una semplice considerazione: oggi tutti gli editori on-line pensano che l'unica soluzione dei media per sopravvivere nel web sia quella di attirare un traffico decente sulle proprie pagine per remunerare con la pubblicità (diretta o indiretta).

Per fare sì che gli utenti internet (vi prego, non internauti che fa pensare a un palombaro davanti a un monitor) giungano sulla nostra pagina si usano tecniche di Seo, Wom, social network... insomma si “spinge” un sito con le classiche tecniche del web marketing. Il punto, quindi, è un altro: ad essere scarso è il tempo.


Perché per quanto io possa stare collegato al pc (o al mac per i patiti, io comunque uso linux) la mole di informazione prodotta sarà sempre impossibile da tenere sotto controllo e le fonti di informazione saranno limitate per forza. Quindi il principio dell'abbondanza fa sì che io diventi abitudinario e consulti solo un certo numero di fonti per “farmi un idea”, salvo poi approfondire nel caso proprio l'argomento mi interessi.


Ma se guardo all'utilizzo di internet che faccio personalmente per leggere le news (ma anche cercare informazioni su un prodotto, o su una vacanza, o qualunque cosa faccia in internet) il mio tempo medio su un sito difficilmente supera il minuto e mezzo. Perchè? Perché in prevalenza leggo i titoli e, quando sono proprio in forma, leggo in diagonale. Lo so', non è bello che una persona lo dica, ma è così. Svolgendo la professione giornalistica, infatti, mi sono reso conto che internet è un po' come una redazione: arrivano tante notizie e si impara a filtrare con una rapida occhiata. Il punto, di nuovo, è che le informazioni in redazione arrivano da sole e già più o meno selezionate (molto meno che più), mentre sul web si cerca e si è comunque sovraesposti.


Se questa è la premessa come si può depositare il famoso leaflet promozionale nella “capoccia” dell'utente? Con la newsletter? Già troppe, ma comunque sarebbe già qualcosa (un po' come i volantini che lasciano sotto il parabrezza) se non fosse che bisogna prima convincere la gente a sottoscriverla. Con i Social network? Accessi unici senza ritorno, ammesso di creare un enorme buzz. Risultato? Non lo so'... era solo una riflessione cui non riesco a venire a capo.

2 commenti:

  1. Sono dubbi assolutamente legittimi, che non possono non venire a chi si confronta con il web, non più neonato ma ancora infinitamente da conoscere.

    Adoro la Rete perchè si crea dal basso, e perchè è alla portata di tutti, sia fruitori che creatori.
    Ma attenzione ad un punto. Il fatto che sia alla portata di tutti non significa che tutti avranno successo in Rete; sarebbe come pensare che tutti avranno gloria in uno sport perchè facilmente praticabile.

    Tengo sempre in forte considerazione il principio che muove Google: qualità dei contenuti. Google premia e premierà sempre più i siti che offrono contenuti di qualità. E se lo fa Google, un significato ce lo deve avere.

    E' evidente che scopiazzatori e annoiati dilettanti, giunti in Rete solo perchè
    "gratis", non troveranno terreno fertile. E' anche inevitabile che bravi professionisti non troveranno terreno fertile in Rete, che non è il paese dei balocchi.

    La scarsità del tempo può essere un fattore limitante, ma ancor prima la vedo come FILTRO. La selezione naturale nel web è fatta proprio dalla scarsità del tempo. Non ho tempo (e voglia) di consultare siti inutili, non ho tempo (e voglia) di leggere scopiazzamenti, non ho tempo (e voglia) di leggere cose che non mi danno qualità.

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  2. Grazie per il commento,

    mail punto nodale secondo me rimane l'attenzione e la capacità di assorbimento del messaggio pubblicitario. Secondo me i banner sono ancora troppo poco percepiti come pubblicità e la gente li dimentica, Proprio perché non interrompono il flusso di notizie (a parte qualche caso tra l'altro poco apprezzato dalla rete) ma si pongono a "margine". Anche quando l'utente li guarda, alla fine, il messaggio non si sedimenta... è una mia impressione o un fatto che anche altri hanno riscontrato? sapete se esistono studi al riguardo?

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