domenica 24 ottobre 2010

App-generation: il futuro di internet?

Ho scritto questa mail a Riccardo Luna il giorno 12 ottobre 2010. Oggi la pubblico on-line per sapere cosa ne pensate, e perché, viste le recenti notizie sui nuovi sistemi operativi credo sia particolarmente attuale. Il Direttore di Wired mi ha cordialmente risposto il 13 ottobre 2010 comunicandomi che trovava lo spunto interessante (mi scuso con lui se ho reso pubblica questa lettera e la sua replica), ma sarei felice se qualcuno volesse dirmi cosa ne pensa.

Gentile direttore,

o come preferisce Dir, come molti in luglio ho letto l'articolo di Wired U.S. (oggi tradotto da Wired Italia e, come Lei ha sottolineato, pubblicato sul Sole 24 Ore). Un articolo interessante, anche se nel “vecchio” web già da qualche tempo si parlava del futuro di internet e di quale forma la comunicazione attraverso questa infrastruttura assumerà nei prossimi anni. L'It, information technology, in fondo, è solo l'organizzazione dell'informazione, intesa come codici binari, attraverso la quale oggi fruiamo di pacchetti applicativi come i giochi, i word processor, gli strumenti di calcolo e tante altre belle cose che fanno i computer. Riguardo alle tesi dell'articolo non ho nulla da obiettare, quella descritta da Chris Anderson è una conclusione logica e probabilmente si tratta del futuro che ci attende (ammesso che non ci siano ulteriori stravolgimenti o nuove formule di business sostenibili). Tuttavia è un futuro che mi inquieta. Da qualche tempo, in rete e non solo si parla di altro se non dei nativi digitali. Oggi tutti hanno scoperto che c'è una generazione che è nata con internet, o meglio, in rete. La scoperta dell'acqua calda mi viene da pensare, ma in realtà i nativi digitali, così come i migranti sono forse già l'ultimo esempio di una specie in via di estinzione. Come molti della mia generazione sono una via di mezzo tra un nativo e un migrante, nato nel '76 ho iniziato a navigare appena internet è sbarcato in Italia, ho aperto il primo sito con alcuni amici nel '97, il primo blog nel 2003 eccetera eccetera. Dopo di me (ma anche prima) altri si sono dedicati al web con tanta passione e il web è cresciuto, si è riempito di contenuti ed è vissuto in uno stato di semi-anarchia fino ai giorni d'oggi. Oggi internet sta mutando, se pensassi al mio lavoro direi finalmente (visto che, come Lei lavoro nell'editoria), verso una formula più redditizia, che consente modelli di sviluppo industriali e profitti per chi investe in questa straordinaria infrastruttura (come la definisce Paolo Ainio).
Il mio pensiero non può che correre al futuro e a ciò che applicazioni sempre più chiuse porteranno. Le chiamo ancora applicazioni, ma il mondo le chiama app e in questo termine si racchiude la formula del successo commerciale dell'informatica di domani. Se penso a un ragazzo nato negli ultimi cinque o sei anni il pensiero corre rapidamente a formulare un'ipotesi: chi è nato oggi non è un nativo digitale. La generazione del futuro crescerà utilizzando il computer come un aggregatore di applicazioni, né più né meno di un calcolatore dei primordi, con sistemi operativi non grafici in grado di lanciare programmi. La differenza è che oggi le applicazioni hanno una loro grafica, non richiedono la comprensione di alcun sistema operativo e sono molto intuitive. Il computer del futuro è un elettrodomestico, sia esso mobile o fisso, che potrà fare molte cose, certo, ma in cui ognuno sarà costretto ad essere un “esperto” di un singolo applicativo per il suo funzionamento, senza mai avere la percezione dell'intero sistema. La potenza del sistema farà sì che anche le interfacce dei desktop probabilmente cambieranno, saranno più intuitive e semplici (basti guardare alcune versioni di Linux semplificate per i netbook), ma il prezzo da pagare sarà l'incomprensione di tutto ciò che accade “dietro” i singoli programmi. Chi ha la fortuna di vivere in questo momento storico può comprendere cosa porterà questo cambiamento ma non è detto che avrà ancora una parte di controllo o capacità di giudizio, perché farà anche lui parte della app-generation. Ebbene sì, probabilmente tutti apparterremo alla app-generation, una generazione incapace di concepire il web, incapace di concepire gli astrusi meccanismi di una ricerca su quello che oggi è Google: ci sarà un app creata appositamente (scusi il gioco di parole) per cercare, ma cercare cosa? Altre app che avranno contenuti, o giochi, o informazioni di ogni genere, è il sistema industriale che abbiamo sempre sperimentato e che sappiamo funzionare: addio ai ciclostili e alle fanzine e benvenute riviste. I nativi digitali sono già vecchi perché faranno resistenza a un mondo in cui tutto si riduce a cliccare una singola icona, pochi nostalgici cercheranno ancora di comprendere cosa si nasconde “dietro” le applicazioni, ma alla fine rimarranno solo pochi esperti programmatori che gestiranno il funzionamento del sistema informatico. Va di moda, in questi casi (lo ha fatto anche Anderson) citare qualche esempio del passato che confermi la tendenza. Io non ho esempi da portare, potrei dire che l'automobile un tempo era complicata da utilizzare ma facile da riparare, mentre oggi è l'opposto, stessa cosa per la fotografia e quant'altro le venga in mente, ma non sono una persona contraria al progresso: le masse portano a semplificazione e per semplificare l'uso c'è bisogno di complicare la struttura a monte. Il punto è che oggi tutti si preoccupano di come si comportano i nativi digitali riguardo all'utilizzo di internet, del web, dei social network, ma non si ha la percezione o forse la lungimiranza di guardare avanti: la app-generation avrà modelli comportamentali completamente differenti e probabilmente non sarà composta solamente da giovani nati in questi anni. Proprio la semplificazione del modello farà sì che chiunque capirà le dinamiche di funzionamento delle applicazioni, così come non è esistita una lavatrice-generation o non si è parlato dei nativi-frullatori il computer diventerà un elettrodomestico e allora tutti saremo parte della app-generation.

1 commento:

  1. Concordo sul fatto che prima o poi saremo tutti parte di una "App Generation", ma possiamo per ora solo intravederne i contorni un po' sfocati. Il web sta cercando di rinnovarsi (HTML 5, Flash, JavaFX, Ajax) ma l'esperienza utente all'interno di un browser non è certo la stessa che si può avere con un'applicazione ben integrata ed ottimizzata per un determinato Sistema Operativo.
    Ecco perchè si sta lavorando tanto sul Web Semantico (o 3.0). Perchè il web semantico fa molta piu' attenzione ai protocolli (RDF e altri) ed ai contenuti di quanto non lo faccia oggi il Web a cui siamo abituati.
    Per questo motivo il web non morirà, ma cambierà nella direzione di un media piu' "ordinato" e "protocollato" pronto a servire i propri contenuti ad un complesso ecosistema di applicazioni pronte a digerirli e riorganizzarli. Internet + Web + Apps stanno già ora ridefinendo le regole del gioco (protocolli+informazioni+strumenti di gestione).
    E questa è una grande e nuova opportunità per un futuro meno distante di quanto si possa credere.
    E l'editoria è pronta per le Apps?

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