sabato 16 maggio 2009

Editoria b2b: quale futuro?

Mi occupo oramai da qualche anno di editoria b2b e spesso mi chiedono se questo settore sarà destinato, come gli altri media, a una complessiva rivoluzione in termini di modello di sviluppo.

Credo sia semplice affermare che anche l'editoria b2b è editoria, quindi come tutta l'editoria è in crisi e come tutta l'editoria è destinata a subire un processo di modernizzazione e adattamento per il futuro, ma con non pochi distinguo.

Nonostante qualche ricerca fatta su internet non so' datare la nascita dell'editoria b2b in Italia (se qualcuno avesse informazioni e le mettesse nei commenti ne sarei grato), ma la casa editrice per la quale lavoro ha sicuramente più di cinquanta anni. Tuttavia, quello che mi è chiaro, sfogliando le vecchie riviste pubblicate da questa casa editrice è che, fondamentalmente, l'editoria b2b, anche detta stampa tecnica è, da sempre e per sua natura, qualcosa di leggermente differente rispetto alle restanti forme di informazione. 

A mio modo di vedere, le pubblicazioni b2b contengono  tre differenti anime: da una parte c'è la  "tecnica", cioè la spiegazione dei processi e di come svolgere il proprio lavoro ai vari professionisti cui sono rivolti, così una rivista per idraulici conterrà tutti i trucchi "tecnici" per risolvere i vari problemi che l'artigiano incontra durante il proprio lavoro. In secondo luogo c'è un anima "commerciale",  che spiega ai propri lettori come sviluppare il proprio business. Infine, una piccola parte giornalistica, che indaga (o dovrebbe) sui problemi del settore di riferimento e fa luce sui fatti poco chiari. In maniera differente  e con percentuali molto varie, questo tipo di anime sono contenute in tutte le riviste b2b. 

L'editoria B2b ha lo scopo di informare una determinata filiera produttiva, mentre, si mantiene sostanzialmente attraverso la pubblicità (l'approvvigionamento da abbonamento funziona parzialmente solo nel caso di testate scientifiche, differenti da quelle tecniche).  

Il punto cruciale dell'editoria b2b, come di tutta l'editoria è quindi sempre lo stesso: a fronte di una costante emorragia di introiti pubblicitari, questa forma di media deve cambiare il proprio modello di business.
Ma la pubblicità dell'editoria tecnica ha almeno un vantaggio: tratta esclusivamente questioni legate agli addetti ai lavori e non subisce migrazione verso i grandi media main stream. Quindi, a differenza dei giornali e delle riviste consumer, l'editoria b2b non ha subito grandi scossoni negli ultimi anni. 

Per il futuro, invece, il problema si manifesta con maggiore portata: questo tipo di editoria, infatti, dovrà fare i conti in maniera importante con il web 2.0, così come con le nuove formule di marketing diretto e buzz analisys che sempre più le aziende stanno imparando ad utilizzare.
Il motivo della tenuta dell'editoria b2b, infatti, è proprio nella sua capacità di legare i vari attori della filiera: piccoli soggetti e grandi multinazionali hanno la possibilità di farsi conoscere dai propri potenziali clienti diretti in maniera mirata, con il vantaggio di costi non esagerati tipici dei media main stream e soprattutto evitando dispersione di energie. Ma se le grandi aziende hanno la possibilità e la capacità di utilizzare uno strumento come internet possono accedere direttamente questo tipo di pubblico. Certo, probabilmente i tempi saranno più lunghi, ma il vantaggio è, oltre a un contatto diretto con i propri clienti, anche una maggiore visibilità verso il grande pubblico che non conosce i processi e i meccanismi che si nascondo dietro il mondo produttivo moderno. Per dirla con i termini propri del marketing, insomma, le grandi aziende, oltre a comunicare con i propri clienti, hanno la possibilità di fare "brand awarness" con tutti i visitatori dei propri siti.

Ma torniamo all'editoria b2b. Se questo scenario si avverasse, come potrebbe guadagnarci l'editoria b2b? Il rischio è quello che, l'eventuale rivista b2b, risulti come uno strumento ridondante, poco utile all'inserzionista, che agisce direttamente. Non solo, le riviste di settore non sono  in grado neanche di pretendere il pagamento dai propri lettori, che potrebbe essere un'alternativa fonte di reddito. I costi per il lettore sarebbero troppo alti, ma soprattutto le riviste b2b sono, quasi sempre, certificate e a circolazione garantita; quindi indipendentemente dal numero dagli abbonati ne vanno spedite un certo numero. Il lettore, sia abbonato sia no, generalmente le riceve comunque, magri se non è abbonato non le riceve tutti i mesi, ma in fondo è gratis e alla maggior parte della gente va bene così.

Cosa stanno facendo gli editori oggi? In generale, puntano su vari modelli sussidiari, che sfruttano il know-how e la visibilità delle riviste per generare profitto: c'è chi organizza corsi di formazione, chi fiere ed eventi, chi vende informazioni in merito alle importanti banche dati di professionisti di cui sono in possesso (la vera forza di una rivista b2b è proprio la sua banca dati del settore) e cerca di portare la propria esperienza su internet.

Proprio su questo punto però, la mia idea è che nessun editore b2b abbia compreso appieno questo strumento e non sia in grado di utilizzarlo a dovere per diversi motivi.

Cosa offrono oggi le testate b2b sul web? Alcune di esse propongono gli stessi contenuti che pubblicano sulla rivista, cioè, in sostanza la rivista sul web. Altri, leggermente più lungimiranti hanno iniziato a lanciare dei "portali di informazione" del settore, pochi, infine hanno iniziato a sfruttare le poche banche dati per utilizzo professionale e ancora meno hanno intrapreso la strada delle community (perlopiu con risultati operativi non all'altezza dell'investimento).

Questa staticità del sistema editoriale trade dimostra come in realtà nessuno dei modelli studiati funzioni. Ciò che, secondo me sta mancando agli editori b2b è il focus sul ruolo di questo tipo di editoria all'interno della filiera produttivo/distributiva. Se ciò che rende, a livello di ritorno economico è il rendere possibile il contratto tra i vari stadi della filiera, ebbene, oggi l'editore on-line rischia di divenire un doppione di ciò che già fa l'azienda stessa.

La forza della comunicazione b2b è sempre stata quella di offrire dei target di riferimento ai propri inserzionisti, concetto totalmente estraneo alla logica di internet. Per questo oggi un buon editore b2b dovrebbe strutturare delle community tese al propagarsi dell'informazione "tabellare", con strumenti di vendita basati sui servizi: per l'inserzionista, in un ottica di pay per clic mirato, mentre  per il membro della community di acquisto di informazioni o servizi.
Se però le informazioni destinate agli operatori professionali sono relegate "gioco forza" a un'area riservata, bisogna indiscutibilmente pensare che internet è aperto a tutti, quindi perché non sfruttare anche la parte così per dire pubblica? Gli editori b2b, insomma, dovranno sporcarsi per forza le mani con informazioni "consumer" che non necessariamente devono essere generate da giornalisti (mi metto nella categoria di rischia il posto in questo caso) ma più verosimilmente dalla stessa community di professionisti, che a questo punto possono essere interessati ad avere una maggiore visibilità nei confronti del proprio pubblico.  
Sintetizzando, quindi, credo che l'editoria b2b possa avere un buon futuro davanti a se solo se saprà reinventarsi partendo dall'origine, ossia dalla sua capacità di mettere in contatto i vari attori della filiera di un comparto: dai produttori fino, questa volta, agli utenti finali.


1 commento:

  1. Ottime riflessioni Tommaso, non posso che concordare fondalmente su tutti i punti che presenti e sulle conclusioni alle quali sei avviato.

    Bisogna, come dici tu, favorire la conversazione fra le varie professionalità coinvolte in un settore, senza escludere gli utenti finali.

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