mercoledì 4 novembre 2009

Internet e la pubblicità, cioè IAB

Non aggiungerò un'altra cronaca di quello che è stato lo IAB forum 2009, quella la si può leggere un po' ovunque su internet o sul blog dello IAB stesso. Anche per quanto riguarda i contenuti, trovo che sostanzialmente non sia stato detto, durante la due giorni milanese, nulla di così innovativo di cui non si sia già parlato, e tanto, in rete: investimenti in pubblicità su internet crescono, la rete è sempre più social eccetera eccetera, temi noti a chi segue con un minimo di raziocinio gli eventi dell'online. Ci sono invece due aspetti che mi preme sottolineare e che sono uno positivo e uno negativo. Nella sessione plenaria del 4 novembre, infatti, sono emersi due aspetti trasversali che mi hanno sorpreso e che rappresentano una buona e una cattiva notizia. Nella tarda mattinata del 4 si è svolta una tavola rotonda che aveva come protagonisti gli investitori pubblicitari, le aziende cioè che investono sul web. Si è trattato di un incontro interessante che ha dato due messaggi importanti, che sono scivolati quasi a latere della discussione generale.


Lo strano caso del display advertising
la prima notizia che mi ha colpito è stata come, in un epoca di social marketing e web 2.0, alcuni tra i più importanti Big spender della comunicazioni reputino ancora fondamentale il Display advertising, una formula che, secondo molti, era destinata a sparire.Tutte le grandi aziende che erano presenti (e parliamo di marchi noti come BMW, Kraft, Henkel, Nestlé...), invece, investono da un 10% a un 20% proprio in tipo di comunicazione il proprio budget destinato all'on-line (che nel caso di BMW è di appena un 5% del totale, sembra poco ma è molto considerato che la media delle case automobilistiche spende il 3%...). Il brand awarness quindi, conta ancora e bisognerà riflettere su questo tipo di informazione.


Investitori come concorrenti
L'altro tema, sempre arrivato da chi sta "dall'altra parte" della rete, ossia gli investitori, è che sempre più spesso le grandi aziende non si limitano a creare dei portali aziendali, magari con funzioni sociali, ma crano nuovi canali di comunicazione sfruttando altri e nuovi siti internet. Tra i casi citati c'è sia l'esempio di BMW, che ha creato un sito per i possessori o potenziali della Serie 1, sia quello di Henkel, che da dieci anni or sono ha creato il portale DonnaD. Quest'ultimo non è un sito aziendale o promozionale, ma un vero e proprio portale di informazione al femminile. Un portale, insomma, che fa concorrenza alla classica editoria e su cui è anche possibile acquistare pubblicità.


Se da una parte, quindi, si può pensare che anche la crescita degli investimenti su internet sia una buona cosa (non è stato detto che Google è cresciuto in maniera esponenziale mentre gli altri si attestano su valori molto più umani) e che la formula display non dispiaccia a chi investe, è però anche vero che buona parte del marketing on line utilizzerà le proprie risorse per creare proprie piattaforme di comunicazione, per entrare in maggior contatto con i propri utenti/clienti.


Banzaiiiiiii
Una chiosa finale su quello che doveva essere uno dei momenti clou dello IAB Forum, cioè l'incontro organizzato da Banzai dal titolo "chi paga il contenuto".
Gli unici spunti interessanti e leggermente innovativi sono arrivati dalla platea, quando Gad Lerner ha aperto il qeustion time. Di questi, uno è stato toccato da una domanda che chiedeva la strutturazione di piattaforme semplici per i micropagamenti (un tema che merita un maggior approfondimento) e un altro da quella relativa alla monetizzazione dei contenuti NON giornalistici. Se la prima domanda ha come risposta l'aspettare, perché a breve il mondo del web sarà probabilmente rivoluzionato dalle piattaforme proprietarie (leggi e-book e dispositivi mobile) la seconda sembra non aver trovato una risposta unica, ma varie soluzioni leggermente confuse, proprio come, e finalmente la smetto anche io, mi è sembrata questa edizione dello IAB forum.

2 commenti:

  1. Tutto il mercato oggi è piuttosto confuso, e l'advertising on-line non è da meno.
    E' vero che ci sono aziende come Google che stanno crescendo con curve sempre piu' ripide, ma non sono casi generalizzabili.
    Il display advertising morirà quando gli investitori inizieranno a rendersi conto che il ROI per questi investimenti stà cambiando radicalmente. Per ora il mercato dei banner stà vivendo una sorta di "effetto volano", spinto dall'inerzia di prassi consolidate e difficili da abbandonare in mancanza di idee e valide alternative.
    Il web 2.0, nonostante sia entrato di forza nella sfera del privato, fatica nel mercato enterprise.
    Sono pochi i brand che ne hanno compreso le reali potenzialità, ed i loro investimenti dimostrano proprio questo.
    In futuro saranno sempre piu' le aziende (investitori) che faranno concorrenza alle agenzie di comunicazione nella produzione di contenuti on-line.
    Inizialmente saranno tentativi goffi e maldestri, ma col tempo raffineranno sicuramente la tecnica.
    Quindi, non sarebbe male se il prossimo IAB rispondesse alla domanda: "Quale futuro per le agenzie di advertising nel mondo dei -Customer Generated Contents-?"

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  2. Concordo con te, anche se credo che in questo senso i più svegli abbiano già iniziato a muoversi: la figura del social manager è già più o meno adottata da molte aziende, mentre stenta un po' l'idea dell'analisi del buzz per riuscire a intervenire in maniera corretta. Detto questo il timore che i social media si ritrovino infarciti di utenti Fake (cioè emissari delle aziende) trovo sia forse il più grande rischio della rete. Se è vero, come dicono alcuni, che il miglior giornalismo è quello che si ottiene celando la propria professionalità di reporter, allora anche le aziende inseriranno, perchè no, dei controller attivi delle discussioni. Le agenzie faranno lo steso, e come report porteranno, probabilmente, delle analisi sul buzz che sono riusciti a creare attorno a un prodotto.

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