giovedì 24 settembre 2009

Il mestiere di editori ai tempi dei new media

Si è svolto oggi (24 settembre 2009) a Milano il 3° Forum degli editori tecnici professionali specializzati, un’occasione per comprendere le nuove dinamiche dell’editoria alla luce dei cambiamenti in corso che “sembrano”, almeno sulla carta, ma sarebbe meglio dire sui monitor o sui cellulari, destinati a cambiare il panorama dell’editoria tecnica, professionale e, appunto, specializzata.
A introdurre il tema del Forum ci ha pensato Gisella Bertini Malgarini, presidente di Anes (associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata) e amministratore unico di BE-MA editrice, che ha affrontato in una breve presentazione il problema del cambiamento dei nuovi media, definendo la “rete” un’opportunità per gli editori, a patto che sappiano trovare la maniera giusta di affrontarla.

A diradare le nebbie che avvolgono il panorama della multimedialità nel settore dell’editoria tradizionale ci ha pensato Emilio Cimadori, presidente di Airesis, una società di ricerca e di consulenza di marketing, che ha snocciolato una serie di cambiamenti in atto nello scenario dell’editoria tradizionale e che già a marzo scorso aveva affrontato il tema. Dagli utenti pubblicitari ai lettori, infatti, il cambiamento in atto sembra essere globale: da una parte gli inserzionisti sono sempre più attenti a selezionare i propri investimenti che, con le dinamiche proprie della rete hanno portato un nuovo concetto di redditività, dell’investimento pubblicitario, sempre più misurabile e quantificabile, dall’altra i lettori, che da utenti anonimi e passivi si stanno sempre più informatizzando e pretendono un ruolo attivo nella generazione/organizzazione/fruizione dei contenuti editoriali. Cimadori ha anche analizzato la situazione degli editori tradizionali italiani, giungendo alla conclusione che si riscontra, in Italia, una perlopiù completa “assenza di piani organici di affiancamento tra la carta e il digitale”.
Le motivazioni di un tale ritardo (se così si può dire) sarebbero riassumibili in tre motivi da non prendere necessariamente in maniera singola:
1) È troppo presto per passare a internet (non si sa che fare e comunque la redditività è bassa).
2) Resistenza al cambiamento (da imputare più alle strutture che al singolo editore, in sostanza la resistenza aziendale al cambiamento).
3) Le aziende editoriali hanno altre priorità.

Secondo Cimadori, in definitiva, gli editori, in questo periodo storico stanno “lavorando in un'ottica di breve termine”, che non aiuta a garantirsi un futuro. Proprio in questo periodo, conclude il presidente di Aires, infatti, le case editrici dovrebbero intrecciare un dialogo importante con coloro che fino a ieri consideravano “il nemico”, ossia società specializzate nella generazione e diffusione di contenuti on-line.

I lavori della mattinata sono stati coordinati da Alessandro Cederle, amministratore delegato di Reed Business Information, nel suo ruolo di vicepresidente di ANES. A lui è toccato il compito di introdurre due ospiti per così dire “scomodi” a una platea di editori tradizionali, cioè Paolo Ainio, presidente e ad del gruppo Banzai, una delle più attive aziende del panorama internet Italiano e Marco Camisani Calzolari, CEO di Speakage, azienda produttrice di piattaforme web 2.0.
Paolo Ainio è un nome nel panorama del web italiano, dopo aver contribuito a creare Virgilio agli inizi degli anni ’90 ha aspettato la fine del cosiddetto sBoom (il crollo dei ricavi derivanti da internet che in Italia è durato quasi 6 anni) per fondare nel 2006 Banzai, una società ben nota nel web che annovera alcuni tra i siti più conosciuti d’Italia. Una volta spiegato alla platea di cosa si occupa, Ainio ha affrontato la prima grande questione relativa ai new media: internet. Il web, spiega, “non è un media, ma un sistema”, una infrastruttura, come un’autostrada, che c’è e bisogna comprendere come sfruttare. Il passaggio fondamentale dell’evoluzione di internet è stato quello di essere un mero mezzo di consultazione (“i famosi surfer dei primi anni novanta che cercavano solo contenuti”) a un ecosistema di relazioni sociali. “Ben il 70% del tempo speso su internet è dedicato all’interazione con altri utenti” spiega Ainio, dalle e-mail ai social network, fino ai commenti delle notizia e alla condivisione di “oggetti” digitali (siano essi musica, filmati o articoli). In quest’ottica bisogna anche rinnovare il modo in cui si guardano gli utenti, non più solo professionali, ma appassionati che vogliono creare e condividere contenuti, in una parola i “prosumer”. Per quanto riguarda le ricette per l’evoluzione di internet a la sua monetizzazione Ainio è convinto che sarà la formula Freemium l’arma vincente, soprattutto quando il digitale diventerà al 100% mobile e i pagamenti avverranno attraverso i telefonini di ultima generazione (o strumenti similari).
Marco Camisani Calzolari ha invece posto l’accento sull’utilizzo di internet sottolineando l’importanza, per chiunque si affacci a internet, di una buona competenza in fatto di usabilità dei siti: sempre tenendo a mente concetti come le tecniche SEO e i vantaggi della Long Tail.

La sessione è poi passata al “contraltare” editoriale quando, a prendere la parola è stato Stefano De Alessandri, ad e direttore generale di Hachette Rusconi,azienda del gruppo Lagardére che ha portato la testimonianza di un caso diretto (il portale di Elle e la sua convivenza con la rivista) analizzando una delle questioni più importanti del dibattito: la profittabilità della rete.
In un asse cartesiano il dg di Hachette ha posto infatti i magazine su un piano nettamente opposto ai media digitali: quanto più i primi hanno una produzione di tipo artigianale e “di qualità” tanto più possono garantire una buona resa e un buon rapporto pubblicità/utenti. Nel caso opposto, a leggere tra le righe, il digitale è remunerativo quando la sua produzione è di tipo “industriale, perché si poggia su un basso rapporto pubblicità/lettore. Interessante in questo campo anche il decalogo Hachette per i new media, o, come lo ha definito De Alessandri, il Survival kit che riporto di seguito:

1) Rispetta il tuo brand ma non i vincoli con cui è nato
2) Diffida della “soddisfazione in cerca di bisogno"
3) Differenzia il territorio digitale e il digitale come canale di marketing
4) Assumi giornalisti… ingegneri
5) Digitale non è (solo) contenuto (editoriale)
6) Informazione vs controllo: lascia che gli utenti lavorino per la tua strategia
7) Produci globalmente, adatta e gestisci localmente
8) OGM è qualità
9) Usabilità e qualità
10) La velocit è qualit

Dove l’ultimo punto del decalogo non è un errore di battitura ma un semplice messaggio per far capire come, su internet, le cose rimangano per sempre e possono comunque essere modificate sempre.

A conclusione dei lavori della mattinata è intervento direttamente Alessandro Cederle, questa volta con il cappello da editore, cioè di ad di Reed Business Italia che ha affrontato il tema nell’ottica delle pubblicazioni B2B ponendo un accento importante sul cross media publishing, ossia l’utilizzo differenziato dei propri contenuti su più piattaforme: dalle riviste a internet senza dimenticare congressi e premi (quest’ultimo un settore ancora poco esplorato nel panorama editoriale italiano).
Tra i passaggi salienti di Cederle, il momento in cui ha posto l’attenzione sulla vendita dei servizi editoriali integrati, una vendita che richiede probabilmente personale rinnovato, fatto di commerciali con una spiccata impronta tecnica, che possano spiegare i vantaggi dell’investimento comunicativo nel digitale piuttosto che su altri e ben noti media.

Alcuni temi hanno poi caratterizzato tutta la sessione, tra questi sicuramente quello del costo della pubblicità su internet: se Ainio ha “accusato” gli editori di aver abbassato la guardia offrendo banner e campagne a prezzi stracciati rispetto ad altri mercati, De Alessandri punta invece il dito sulle grandi concessionarie, Google su tutti, che hanno livellato verso il basso il costo della pubblicità on-line.

2 commenti:

  1. Le parti su Cimadori e De Alessandri in effetti danno da pensare: è possibile un dialogo tra web ed editoria? Tra nuove tecnologie e il classico tomo da biblioteca? le grandi librerie, ma anche le piccole, moriranno mai? è sì necessario trovare un punto di contatto, ma non per forza, come quasi mi è sembrato di intuire, il Web deve inglobare l'editoria in tutto. rapporto sì, ma non coincidenza completa.
    io parlo da lettore, e comunque tenere un libro in mano e guardare in libreria, cercare un libro che possa interessre è tutt'altra cosa che consultare un testo su di uno schermo.
    il problema forse è che si legge sempre meno al giorno d'oggi, nel senso che i più giovani, avendo internet e tante cosa da fare che la rete mette loro a disposizione, non sono portati a leggere un libro: non voglio ovviamente ricadere in luoghi comuni, però credo sia un dato di fatto e una cosa del tutto naturale. allora dico: potrebbe forse essere la rete stessa ad invogliarli?

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  2. Grazie dello spunto Roberto,

    il convegno era più incentrato sull'editoria di periodici, ma trovo che l'argomento sia valido sempre e comunque. Personalmente sono sicuro che la rete possa essere un ottimo strumento di promozione, intesa in senso positivo, per esempio come invito alla lettura. Quello che però sta cambiando credo sia l'approccio che i ragazzi hanno, sia con la lettura, ma ancora di più con il web. Uno dei più grandi errori che si commettono, che poi è sempre lo stesso, è che si pensa che il proprio modo di fruire un prodotto/servizio sia estendibile anche al resto delle persone, mentre un adolescente ha un modo completamente differente di approcciare la connettività, e s noi siamo ancora a parlare di internet siamo già anni in dietro a loro, perchè la "rete", oggi, inizia a essere completamente mobile e il fascino della carta rappresenta il fascino dei velieri che trasportavano il the: soppiantati dalle motonavi a vapore prima e dal motore a scoppio poi (sì, in realtà c'è un poi successivo con le navi a propulsioni nucleari, ma il concetto è sempre lo stesso e lo dico da velista!)

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